L’evoluzione mediatica di Inzaghi, la scelta di Giuntoli per la panchina Juve, il futuro di Leao, la telefonata Sala-Zhang. E l’ego di DeLa
Sono accadute alcune cose che meritano di essere menzionate nella seguente articolessa. Eccole.
Cioè, De Rossi, quello che alla Spal aveva fallito, quello che “la Roma lo sceglie solo perché dopo Mourinho serve uno che piaccia alla gente”, quello che “farà il traghettatore e poi tanti saluti”… Non sta sbagliando nulla. In campo, fuori, nelle dichiarazioni, nelle scelte. I dubbi erano tanti, li ha messi da parte in un amen con una buona dose di buonsenso e qualche scelta non banale. Per capirci: i tecnici a spasso rischiano seriamente di avere un posto in meno a cui ambire.
Che Dybala fosse forte, invece, lo sapeva anche mio nonno. Dybala deve solo sperare che il fisico lo supporti, il resto è solo conseguenza.
Oh, si dibatte tantissimo sul futuro della panchina della Juve. Siccome tutti quanti buttano là la loro ipotesi, lo fa anche il qui presente, checcefrega. Ecco, io credo che realmente Giuntoli stimi Allegri e sono convinto che non esistano punti di rottura tra i due. Ma penso anche che Allegri pretenda un rinnovo di contratto che il club non intende concedergli. E, soprattutto, ho la netta sensazione che uno degli artefici del Napoli dei miracoli (sempre Giuntoli) voglia provare a costruire qualcosa di simile anche a Torino: con i “suoi” giocatori, con il “suo” mercato, e certamente con il “suo” allenatore. Motta a guardar bene è certamente un papabile.
Ci tengo a dire due balle su Inzaghi, cosa che praticamente faccio tutti i giorni, tra l’altro (“ben svegliato amore mio, vuoi un caffè?”. “Oh, hai visto i numeri di Inzaghi?”. Mia moglie mi odia). Ecco, se vogliamo fa un po’ sorridere questa cosa di Inzaghi che improvvisamente è passato dalla condizione e minchione a quella di fenomeno. Meno di dodici mesi fa lo si trattava come un pirla, un impresentabile. E invece aveva già portato “calcio”, anche in assenza di risultati.
Quando Beppe Marotta lo convinse a venire a Milano per ovviare all’addio di Conte Antonio, personalmente, avevo tanti dubbi. Poi sono scomparsi, ché il bel gioco inzaghiano si è presto manifestato. Il punto più basso della sua esperienza è arrivato nella prima parte della passata stagione (lì la squadra giocava male e la sua posizione era davvero in bilico), ma a partire da gennaio 2023 la squadra ha iniziato a produrre occasioni a raffica, anche quando lasciava punti per strada. Ecco, in quei giorni il massacro mediatico è andato ben oltre i demeriti del tecnico, per questo oggi fa un po’ sorridere leggere che chi bramava il suo siluramento, ora prevede il suo addio per motivi diametralmente opposti. È il calcio, che ci volete fare.
Un piccolo aggiornamento su San Siro. Ma piccolo. Il sindaco Beppe Sala e patron Steven Zhang si sono sentiti. Sul piatto la questione “ristrutturazione del Meazza”. Il numero uno dei nerazzurri ha ascoltato la proposta di rifacimento del tempio milanese e ha preteso garanzie rispetto alla possibilità che durante i lavori si possa assicurare capienza adeguata. Insomma, non ha detto “ok, partiamo con le ruspe!” ma non ha neppure chiuso all’ipotesi. La proposta del colosso delle costruzioni WeBuild, attesa in un paio di mesi, farà la differenza.
Piccola nota a margine: il fatto che Zhang stia ragionando in prima persona su stadio e affini è già una chiara risposta rispetto alle sue intenzioni quanto a “rifinanziamento del prestito”.
E poi il Napoli. Molti si interrogano sul perché di una situazione così complicata e imprevedibile. La risposta è banalissima: DeLa ancora una volta ha messo se stesso davanti alla sua squadra. Era certo di valere più di Spalletti e certamente più di Giuntoli. Pensava che fossero bravi, ma non così importanti. E si sbagliava. Il miglior ADL – nel calcio ha fatto cose egregie e questo è indiscutibile – è quello silente o che, quantomeno, prova a mordersi la lingua. Cosa che gli riesce praticamente mai.
C’è chi ancora discute Leao. Ed è giusto, per carità. Ma, per cortesia, non attaccatelo per questioni caratteriali. Leao incide nelle gioie del Milan come pochissimi altri riescono a fare in quelle delle rispettive squadre. Se proprio ha un problema non è relativo a “quanto si impegna”, semmai a “dove si colloca sul campo”. Leao in questo momento è un micidiale esterno che, però, viene giudicato come una prima punta. E così facendo diventa vittima di chi giudica solo in base al numero dei gol. Parere perdibile e del tutto soggettivo: il portoghese deve decidere di avvicinarsi alla porta e deve anche diventare più egoista. Se vuole avvicinare il numero dei grandi attaccanti… banalmente deve scegliere di fare l’attaccante. E stop.
Ieri sera Haaland ha segnato 5 gol in un 55 minuti. No, niente, era solo per farvelo sapere.